venerdì 8 gennaio 2016

Kraeftig bewegt (pesante, mosso).

Un paio di concetti costituiscono un autentico tabù per la società odierna, come ho letto anche di recente: il suicidio e la tristezza, entrambi ovviamente legati fra loro (anche se non è detto che la seconda preluda necessariamente al primo, naturalmente), ambedue cartina di tornasole delle pecche di questo sistema fallimentare, che li nega, o tenta di farlo, nella pia illusione di poter controllare tutto e tutti, censurando e criminalizzando il primo e trasformando la seconda in una patologia, ovvero la depressione, da curare (malamente) a suon di farmaci inutili e dannosi (e che ingrassano le multinazionali farmaceutiche), con il solo scopo di anestetizzare, instupidendolo, il paziente, al fine di renderlo meno socialmente pericoloso, in maniera che non crei alcuna reale turbativa all'ordine imperante. Ordine imperante caratterizzato da una spasmodica esigenza di categorizzare, incasellare, qualunque cosa possa anche lontanamente sfuggire al suo (presunto) controllo, in una (in)civiltà che procede pedestremente, pervicacemente a compartimenti stagni. Come disse il filosofo Max Weber, credo ai primi del secolo testè trascorso, se in tempi remoti (forse?) si moriva sazi della vita, con l'avvento dell'industrializzazione e relativa modernizzazione, in conseguenza del senso di alienazione, frustrazione, estraneità e solitudine che ne scaturisce, si arriva a defungere stanchi della vita, ed oggi più che mai in questa società cosiddetta post-industriale, post-atomica, post-capitalistica (ma la vita è tutto un post?) e post-quel-che-pare-ad-ognuno. I risultati, ovviamente catastrofici, li abbiamo perennemente sotto gli occhi, ma preferiamo far finta di nulla, la verità fa male, si sa. Ogni tanto sento o leggo da qualche parte, una domanda ingenuamente ipocrita, che periodicamente fa capolino nei nostri vaniloqui, ovvero come abbia fatto il nostro paese, dal passato immensamente glorioso, a ridursi a quella landa squallidamente desolata che attualmente è. Banalmente osservo, in questo caso, che il paese siamo noi, dovremmo innanzitutto chiederci perchè ci siamo volutamente ridotti (noi, ribadisco, noi, in quanto persone) a questi livelli subumani, senza dare la colpa ad "altro", scaricandoci così la nostra coscienza sporca, ma, al contrario, reagendo di conseguenza per riscattarci finalmente dalla nostra miseria morale più ancora che materiale, purtroppo però siamo troppo vigliacchi e codini per essere capaci di farlo, il nostro codice genetico è costituito dall'essere sudditi, pecore. Reattività, questa sconosciuta! Mi chiedo se quello scrittore francese, del quale ignoro il nome, che si sarebbe suicidato tempo addietro, poichè deluso dalla civiltà occidentale nella quale fermamente credeva, ma se fosse vissuto qui in Italia, cosa avrebbe fatto, allora? Si sarebbe arso vivo? Se Gogol e Dostoievski si fossero trovati dalle nostre parti, cosa avrebbero scritto? "Le anime zombie"? "Da una casa di morti viventi"?

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